Le regole della felicità

Tratto da Aiuti alla Vita di Bert Hellinger

Ci sono certi ostacoli alla felicità. Si basano su valutazioni errate. Perché la felicità segue determinate regole. E queste regole noi le dobbiamo sapere.

Più
La prima regola per la felicità si chiama: Più. Questa è una regola della felicità. Nel momento in cui io mi limito, la felicità finisce. Diminuisce sempre più, finché smette. Quindi, la felicità è l’attitudine interiore verso il Più. Immaginatevi una coppia. Entrambi hanno preso la loro madre e sono diventati una coppia. Adesso inizia la giornata. Immaginatevi interiormente, voi dite: “Un po’ di più, oggi un po’ di più.”

Ogni giorno un po’ di più. Immaginatevi quanto velocemente loro saranno felici. Ho potuto costatare con voi quanto questo rende felici. Al contrario, se qualcuno dice: “Oggi questo è troppo per me” subito si smette di essere felici.

  1. Alla felicità si aggiunge ogni giorno un po’: un po’ dall’attitudine interiore, un po’ divenendo più ampi, un po’ servendo. Questa è la parola chiave anche qui: servire con amore.                             
  2. Volete che dica qualcos’altro sulle regole della felicità? Vedo che non vi saziate mai di essere felici. E infatti non dovete. Sazi significa: adesso smetto. Nell’essere felici manca sempre qualcosa. Cioè, non manca niente, ma si può ampliare.                               

 Il proprio

Questa felicità da una parte include sempre più, dall’altra pone un limite. In questo lavoro ho sperimentato che molti superano il limite con un amore cieco. Se noi vogliamo prendere qualcosa che appartiene a qualcun’altro, superiamo questo limite. La grande felicità s’instaura tra due persone che sono ognuno a sé stante, indipendenti. Questo contraddice molte delle immagini che ci siamo fatte.
Torniamo un'altra volta a mamma e papà. Allora, lì c’è il padre…

 Unico

Chiudete gli occhi. Adesso guardiamo la madre e guardiamo il padre e li guardiamo entrambi come in sé compiuti. Entrambi compiuti, entrambi unici a modo loro. E così li guardiamo come una coppia. La madre unica, il padre unico. Come esseri unici sono attratti l’una dall’altro. E poi la madre prende nostro padre, unico come egli è, in pieno rispetto per la sua unicità, per il suo destino, per la sua felicità. Il padre prende la madre allo stesso modo, nella sua unicità. Ognuno rimane così com’è, ma lo stesso ad un tratto li unisce un amore, nel quale uniti, generano una vita nuova, rimanendo ognuno se stesso.

Noi siamo il risultato. In noi sono entrambi uniti e lo stesso noi siamo diversi e quindi anche separati, lì la madre, lì il padre, e qui noi, che li uniamo entrambi, di fronte a loro. Diciamo alla madre: “Io rispetto la tua grandezza. Qui tu sei grande, io sono ancora piccolo.” Diciamo lo stesso al padre: “Qui tu sei grande, io sono ancora piccolo. Io resto il bambino. E come un bambino io prendo. Voi date, io prendo.” In questo modo noi diventiamo ricchi, ma come esseri assestanti, ognuno per sé.

Cosa ne consegue? Noi rinunciamo ad ogni preoccupazione per i nostri genitori, ad ogni preoccupazione per il loro destino. Loro sono condotti diversamente, e anche noi. Siamo tutti condotti da una forza diversa eterna, ognuno con il proprio servizio. Solo così, riconoscendoci ed accettandoci come unici con un nostro limite, possiamo realmente prendere e dare.

 
Rimanere all’interno dei propri limiti

Tutti i problemi sono causati da un’infrazione dei limiti. Soprattutto da un’infrazione dei limiti da sotto a sopra, quando i figli vogliono prendere su di sé qualcosa per i propri genitori. E poi l’infrazione dei limiti da sopra a sotto, dai genitori ai propri figli, quando cioè si aspettano qualcosa da loro, per esempio che gli tolgono qualcosa di dosso, quando invece dovrebbero essere loro ad assumersene il peso e la responsabilità. Quindi, all’interno dei propri limiti ognuno è completo. Gli irretimenti che spesso possiamo osservare in questo lavoro sono tutte delle infrazioni dei limiti. Prendendo su di me un destino diverso, al posto di qualcun altro, io infrango un limite.

… Ogni volta che vogliamo aiutare infrangiamo un limite. Tuttavia noi aiutiamo. Come possiamo rispettare i limiti nell’aiuto? Rinunciando alla conoscenza. Iniziamo senza curiosità alcuna con un movimento dell’altro. Gli permettiamo di muoversi da sé. In questo modo lo proteggiamo da noi stessi, dai nostri obiettivi, da ciò che noi riteniamo possa essere meglio per lui, servirgli di più. Così rispettiamo i suoi limiti e i nostri. Proprio perché i limiti sono rispettati, una scintilla può saltare oltre.

… Lo riassumo in una frase: “Io qui, tu lì, noi due.”
Credo che concludo qui. Così pieni di felicità possiamo tornare a casa e godere sempre più e più e più della felicità. A voi ogni bene.”.

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